In memoria di Francesco Casale 29/30 luglio 2013

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Fra meno di un mese fanno 5 anni..... In memoria di Francesco Casale 29/30 luglio 2013 A Francesco Casale piaceva leggere. Un momento prima della chiusura della bara gli ho messo accanto un libro con questa dedica: Francesco, che questo libro ti faccia compagnia nel tuo lungo viaggio verso la luce... E’ semplice dire che Francesco sia morto di infarto. Ma a volte un infarto può essere la conseguenza di un gesto eroico. E non sempre un gesto eroico si conclude in un attimo. Francesco è stato un eroe come lo sono migliaia, milioni di giovani condannati ad essere eternamente giovani perché la politica se ne fotte dei loro problemi. Francesco è appartenuto a una famiglia borghese, dal passato nobile, vissuta in una casa popolare di tre stanze perché non sempre un grande passato costituisce la premessa per un grande futuro. Francesco a tre esami dalla laurea in architettura decise, per quella serie di contingenze familiari come la perdita del padre che qualcuno chiama malasorte, di lasciar perdere per dedicarsi al giornalismo. Giornalista nella regione sbagliata. Non si era mai voluto rassegnare al triste detto che il Molise stanca l’eroe. Con l’aggravante che era convinto che nella vita bastasse essere signori per progredire nel mestiere. Non l’ho mai sentito essere rude o superficiale nelle centinaia di trasmissioni televisive che ha condotto da maestro, fin dai primi vagiti delle televisioni regionali. Così nei servizi giornalistici sulla carta stampata. Sempre documentato sulle vicende politiche regionali e nazionali, era capace di ottenere la verità dei fatti con quella signorilità formidabile e con quella gentilezza straordinaria che metteva a loro agio gli interlocutori più impacciati o spegneva gli spiriti più arroganti. Peraltro parlando con quell’italiano corretto che rivelava l’appartenenza alla famiglia Veneziale nella quale l’arte del parlare si è sempre intrecciata con una grande capacità di sintesi. Francesco è stato un grande giornalista in una regione fatta molto spesso da spiriti piccoli. A casa dei familiari non è arrivato manco un telegramma da parte di quei politici che hanno fatto pervenire i segni della loro stima solo attraverso i mass-media. Troppa fatica intellettuale scrivere uno straccio di considerazione su un pezzo di carta per ricordare chi ha fatto della comunicazione scritta un motivo di vita. Sono arrivati, invece, centinaia di post attraverso quei mezzi di comunicazione, Internet e Facebook, che per lui erano divenuti i canali privilegiati per dare e ricevere informazioni, per commentare gli avvenimenti, per dare un parere sintetico, per provocare una riflessione. Centinaia di post, SMS, telefonate che hanno fatto sentire il calore della gente comune. Quella che giudica senza fare proclami. E’ troppo facile dire che Francesco è morto di infarto mentre dormiva. Con l’aggiunta della considerazione banale che almeno non ha sofferto. Francesco è stato ucciso dalla sua personale convinzione di essere costretto a rimanere eternamente giovane in una società dove il precariato ti ammazza con la fulmineità di un infarto o con lentezza della depressione. Egli è stato ucciso dalla fulmineità dell’infarto. E’ stato commovente vedere decine di suoi giovani colleghi sotto casa quando ancora il catafalco domestico non era stato allestito. Vedere i loro volti, sentire i loro commenti, avvertire le loro ansie mentre aspettavano di sapere l’ora del funerale con la precisa convinzione che era scomparso uno di loro. Testo gentilmente offerto da Franco Valente


06/07/2018

Franco Valente

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